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CAMBIARE L'EUROPA PARTE TERZA

di

Vittorio De Pedys

 

L’Europa che vogliamo deve occuparsi di queste cose, altrimenti la sopravvivenza del concetto stesso di Unione è in pericolo e lo sarà vieppiù in futuro.
L’Europa che vogliamo, da Malta al Circolo Polare, dall’Atlantico agli Urali ma anche molto oltre, si basa su, riconosce ed esalta le differenze nazionali, etniche, religiose, storiche, geografiche, economiche; è costruita sulla roccia delle tradizioni, che venera, rispetta e trasmette alle nuove generazioni. È fiera della sue radici, delle sue differenze e della sua matrice indo-europea; concepisce il suo destino fatale nel mondo come centro di luce e civiltà, che ritiene suo superiore destino rispetto ad altre visioni del mondo. Non è relativista né fautrice dell’ideologia gender o lgtb; pur rispettando le opinioni di tutti, altrettanto rispetto pretende entro i suoi sacri ed inviolabili confini; e tale rispetto impone con la forza della coesione e della comunità di destino. Non aggredisce né interferisce con alcun vicino o lontano, assicura la partecipazione di tutti al progresso mondiale; reagisce alle interferenze dall’esterno, culturali, economiche o militari, colla forza del diritto romano comune e della spada, di guardia indefessa sul confine.   
L’Europa che vogliamo riconduce l’economia, la finanza, le banche, i mercati alla loro necessaria funzione di sviluppo, e le subordina al servizio della sua visione del mondo laddove l’armonia di vita delle sue popolazioni saranno sempre di un interesse superiore.
L’Europa che tanti di noi hanno sognato prima e dopo l’ultimo conflitto europeo sta morendo per la miopia visuale dei suoi modesti artefici che pretendono costruirla dal basso, attraverso la moltiplicazione delle regolamentazione, i codici, i ratios, una moneta artificiale ed esterna (neppure centrale ed autonoma), le regole per le banche, la contabilità ed i deficit. Non può funzionare perché anche e soprattutto in periodi di crisi e smarrimento gli europei aspirano ad altro. Abbiamo già avuto esempi di un'Europa assolutamente unita, invincibile e faro di civiltà per il mondo: l’Impero Romano ne è stato plastica incarnazione e dopo di esso il Sacro Romano Impero medievale e rinascimentale. In queste configurazioni il continente è sempre stato unito, rispettando ed esaltando tutte le specifiche ed incancellabili differenze, unificato da un principio di ordine superiore, l’Imperatore. Mutatis mutandis ai nostri tempi occorre che l’Europa si dia un principio unificante superiore che funga da asse portante, attorno a cui tutte le specificità vengono risolte nella loro esaltazione, altrimenti Europa non sarà mai altro che una connotazione geografica.
Mai come in questo strano periodo storico attuale una faglia di speranza al riguardo è stata visibile: vi sono fatti e forze in movimento del tutto imprevisti dagli analisti del politicamente corretto che possono generare situazioni finalmente nuove.  I recenti fatti che colgono impreparati gli analisti da salotto del pensiero unico, sono  il contrasto difficilmente sanabile fra USA e Germania, la presenza interessante della Russia, le vittorie al governo di alcuni partiti confusamente  “populisti”, Brexit, forse Germanexit domani, l’isolamento “forte” scelto dagli USA, la rivoluzione tecnologica che ha cambiato il mondo grazie ai satelliti, la connettività istantanea, i movimenti demografici che fanno pensare al periodo delle invasioni barbariche. Questi fatti ed altre tendenze ancora inducono una piccola luce di speranza, perché sono il segno di un iniziale sommovimento tellurico di base che genera una linea di faglia , da alimentare e cogliere; nella misura in cui la speranza sarà colta da leaders diversi ed alimentata dal volere di popolo europeo di orgogliosi civilizzatori e non di ragionieri.