Questo sito si serve dei cookie tecnici e di terze parti per fornire servizi. Utilizzando questo sito acconsenti all'utilizzo dei cookie.

Manifesto dell'orgoglio europeo

Un documento per i nostri tempi

Svegliati Europa

CAMBIARE L'EUROPA PARTE SECONDA

di

Vittorio De Pedys

 

I dossier su cui, ora, bisogna dare spinta comune, investimento di sudore, tempo e denaro, enfasi comunicativa e su cui occorre produrre risultati e progressi immediati sono dunque i seguenti:

1. Demografia: occorrono politiche molto più incisive di sostegno. Vanno sostenute al massimo la natalità, e l’infanzia. Va sostenuta al massimo grado la famiglia tradizionale, autoctona, con assegni familiari, sgravi fiscali notevoli e progressivi per ogni figlio, politiche di voucher destinati ai prodotti dell’infanzia. Il tasso di fertilità europeo è di 1.6; in Italia è di 1,4. Nessun popolo è storicamente sopravvissuto con tassi così bassi. Va ripristinata l’edilizia popolare per fornire alloggi popolari alle famiglie autoctone residenti; va varato il mutuo sociale attraverso cui le famiglie non pagano un affitto né un mutuo ma una quota che alla fine di un certo periodo costituisce diritto di proprietà. Vanno aumentati  gli asili nido e aperte le liste in maniera gratuita agli europei e data priorità nelle graduatorie ai residenti; nell’istruzione inferiore i libri di testo debbono essere gratuiti (mica come Geppetto…). Nella sanità pubblica, che pure deve tener conto dell’invecchiamento estremo della popolazione, la priorità deve esser sempre data alle famiglie con bambini ed i vaccini, le visite, i trattamenti specialistici infantili  debbono essere gratuiti. Le colonie estive per i figli dei meno abbienti debbono essere rispristinate dagli Stati ( se si pensa che , solo in Italia, abbiamo 5 milioni di persone sotto la soglia di povertà e che sono quasi tutte famiglie con bambini si capirà la necessità di questa misura). Vanno utilizzati estensivamente , e su base volontaria, gli anziani in buona salute per innumerevoli scopi di utilità sociale collettiva.

2. Agricoltura: è una follia abbandonare i nostri agricoltori, coltivatori diretti, allevatori, pescatori, alla concorrenza multinazionale. Le coltivazioni locali, i prodotti locali, le specialità autoctone vanno protette e conservate, combattendo alla morte il concetto di monocultura e difendendone il marchio e l’origine in tutto il mondo. Se è necessario nulla vieta di usare i dazi: altri lo fanno. Non ha senso macerare la arance siciliane ed importarle dal Marocco. A Bruxelles vanno aumentate le tutele per tutti i prodotti autoctoni contro le contraffazioni. Va combattuta l’urbanizzazione, consentendo e favorendo gli abitanti delle campagne e dei piccoli paesi in modo che restino nei loro borghi: ciò significa migliorare i servizi e favorire i contadini, artigiani, pescatori e piccolissimi imprenditori locali. Occorre una banca Nazionale per lo sviluppo agricolo e regionale.

3. Istruzione europea: la scuola deve mantenere un equilibrio fra tecnica ed umanistica, fra lo studio delle storie locali e nazionali, tutte da preservare, ed una narrazione comune europea. In ambito culturale l’Europa è una civiltà di derivazione greco-romana, e successivamente germanica. Ciò va evidenziato in programmi che si avvicinino, pur mantenendo, di nuovo, tutte le specificità nazionali e locali. Una provocazione: è più unificante per le prossime generazioni europee studiare il latino che l’inglese. I programmi delle università devono invece essere armonizzati maggiormente. Il progetto Erasmus dovrebbe esser facilitato e reso obbligatorio. Il sogno da realizzare, è un'Università europea, come lo era già nel Medioevo.

4. R &D: la spesa in ricerca e sviluppo tecnologico, pur essendo variabile nei vari stati europei (non sorprende che l’Italia si collochi fra quelli che spendono meno) è decisamente inferiore a quella dei blocchi concorrenti : USA, Cina, Russia, India. La necessità di centri di ricerca pubblici di eccellenza è evidente; così come la creazione di incentivi, ad es. di tipo fiscale, per accrescere tali investimenti nel settore privato. La Cina diventerà a breve, grazie proprio ad una politica di questo tipo, il più grande mercato (produttore e consumatore) di intelligenza artificiale e di robots del pianeta. Quindi si può fare.

5. Politiche commerciali: gli altri grandi attori politici ragionano ormai da tempo in chiave strategica di sistema. Alcune recenti decisioni ne sono una chiara dimostrazione : la Brexit, la guerra commerciale scatenata dal presidente Trump con la Cina e con l’Europa tramite imposizione unilaterale di dazi, la gigantesca iniziativa cinese One Belt One Road. Altre ne seguiranno certamente. Occorre che l’Unione europea ragioni non come un classico bastione del liberismo post-keynesiano degli anni ’80 ma in ottica di difesa e benessere di oltre 500 milioni di suoi concittadini. L’economia, le infrastrutture, le imprese, le tecnologie, la connettività, sono tutti strumenti da destinare ad un fine, quello del posizionamento centrale dell’Europa nello scacchiere geo-economico del futuro. L’Europa è oggi, il secondo blocco economico mondiale: è ora che ragioni in funzione di queste mutate esigenze geo-strategiche.

6. La difesa comune: a parte qualche iniziativa cosmetica (tipo la brigata franco-tedesca) non abbiamo ancora nulla. Gli aspetti militari sono ancora sostanzialmente appaltati alle decisioni in sede NATO. A prescindere dalle valutazioni sull’utilità o meno per l’Europa di quest’ultima organizzazione, occorre immediatamente un accordo forte su tre aspetti. Il primo è la difesa dei confini. Su questo la cooperazione è vitale perché è presente, e sempre più lo sarà, il pericolo di terrorismo, la  marea montante dell’immigrazione, l’illegalità, i commerci di armi,il pattugliamento e la sicurezza delle frontiere esterne. L’altro aspetto è quello delle missioni di “peace-keeping” internazionali. Invece di spendere tanti soldi e vite di giovani a combattere guerre altrui sarebbe il caso di inviare le forze di un esercito e marina europee nei teatri dove l’interesse nostro lo richiede (Mediterraneo, Nord-Africa, Chad, Libia, Siria, ecc). Infine la costituzione di un’ industria della difesa europea che consentirebbe gli acquisti di sistemi d’arma stranieri in maniera concertata e meno costosa. L’Europa è tra i quattro maggiori attori mondiale per dimensione degli eserciti e degli armamenti: dispone di portaerei (italiane e francesi) e di Marine militari, che consentirebbero la proiezione del suo potere di influenze in vari teatri; dispone, ancora, di sorprendenti rapporti di forza ed influenza con un numero molto elevato di ex-colonie dislocate in mezzo mondo, sensibili alle eventuali proposte unitarie europee. Tale enorme potenziale è oggi per nulla sfruttato perché frammentato in una inane, infruttuosa e sostanzialmente inutile congerie (e non somma) di micro-politiche nazionali.

Back to Top