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CAMBIARE L'EUROPA PARTE PRIMA

di

Vittorio De Pedys

 

L’Europa è, oggi, una cosa troppo seria  per lasciarla in mano a burocrati di Bruxelles o ad una classe politica che la considera un dato di fatto, come un mobilio necessario. La miopia gestionale, la pochezza della veduta strategica, la limitatezza di politiche di bilancio anguste sono riuscite nello spazio di una generazione nella impresa di trasformare in anti-europeo il cittadino medio del continente. Di pari passo con l’allargamento geografico è proceduto lo svuotamento sia di patrimonio ideale che di risultati concreti che i cittadini hanno accusato.
Non tutti i popoli meritano questo fallimento nello stesso modo però; ad esempio i tedeschi si sono sempre curati di inviare a Bruxelles funzionari preparati; Paesi più piccoli si sono sempre preoccupati di porre i loro funzionari alla testa delle commissioni tecniche, insieme coi tedeschi; i francesi si sono sempre preoccupati di occupare posti di comando, del tutto sovradimensionati rispetto al loro contributo. Noi italiani per converso abbiamo sempre inviato politici di secondo piano, trombati alle elezioni e mai abbiamo capito che il la maggior parte degli effetti concreti delle decisioni politiche sulla vita dei cittadini derivano da tempo da Bruxelles.
Quando, per rotazione ci è toccata in dote una posizione di rilievo abbiamo scelto, con tipica miopia anti-nazionale, ruoli inefficaci tipo la politica estera (con nullità come la  Mogherini) piuttosto che Direzioni per noi fondamentali come sarebbero state l’Immigrazione o l’Agricoltura.
Quindi, da Italiani, abbiamo nulla da lamentarci se l’Unione Europea ci sembra a trazione francese ed a vantaggio tedesco: vorrei ben vedere che fosse diverso, vista la mancanza di interesse strategico sempre dimostrata dalla peggior classe politica mai vista dal 1970 a oggi. Se non sei capace di perseguire i tuoi legittimi interessi, pur all’interno della cornice comunitaria, non vedo perché altri dovrebbero esser accusati perché si comportano in maniera meno miope.

Strategia errata

Ciò premesso, le Istituzioni europee hanno comunque commesso un errore di veduta strategica enorme nell’arco dell’ultima generazione, quella dell’allargamento. Il focus sostanziale è stato sui temi dell’economia, della finanza pubblica, delle banche e dell’Euro.  Da un lato è comprensibile che una Unione a trazione nord-europea veda con terrore il pericolo di contagio derivante dagli squilibri di bilancio dei Paesi in deficit (Italia, Spagna, Grecia, Portogallo, ecc) e che si siano ferocemente tutelati per evitare di esser chiamati a pagare un conto della incapacità economica altrui. Nel caso dell’Italia questa visione è particolarmente dolorosa, perché il nostro Paese è sostanzialmente bloccato a livelli di PIL del 1998, in regressione economica e con disuguaglianze in forte crescita ed è considerato una bomba ad orologeria dalle cancellerie europee.
Ciononostante il nostro rapporto deficit/pil è migliore di quello francese, le nostre riserve auree sono maggiori di quelle tedesche, siamo sempre stati contributori netti al bilancio europeo, non abbiamo mai usato il fondo salva-stati e neppure il fondo di garanzia dei depositanti per le banche fallite.  Eppure se c’è uno Stato in grado di distruggere l’Unione, questo non è l’Inghilterra ma l’Italia. Per chi segue con interesse le politiche Europee da anni, è evidente l’errore di impostazione di queste ultime: l’eccessiva enfasi sui temi economici e di bilancio non poteva che portare prima o poi ad una rivolta dal basso di popoli interessati a qualcosa di più dello stato di salute delle banche e dei decimali del disavanzo pubblico. Si tratta di cose importanti per carità, e gli equilibri di bilancio sono fondamentali, ma se un continente e popoli interi si dibattono in un periodo di crisi economica dal 2007 e di Europa si parla solo per introdurre austerità e salvare banche , allora si spiana la strada a idee molto diverse e contrarie; che ci si meravigli della Brexit, della crescita dei partiti populisti, dei movimenti anti-Europa o fuori dai nostri confini (mutatis mutandis ) della vittoria di Trump, dimostra solo l’inadeguatezza della capacità di analisi degli “esperti” o dei delegati alla politica europea. Chi scrive ha evidenziato queste tendenze anni fa, preconizzando facilmente forti insoddisfazioni popolari in base ad una disperata voglia di cambiamento. Oggi l’Unione Europea è di fronte ad un serio rischio di dissoluzione dato che così tanti dei suoi cittadini non la amano e la identificano, a torto od a ragione, con la causa dei propri insuccessi e della riduzione del proprio tenore di vita. La crisi di identità è molto seria, il livello di disaffezione molto alto. Se l’unione Europea vuole sopravvivere occorre effettuare dei cambi di rotta abbastanza radicali ed incidere, questa volta in maniera concretamente positiva, nella vita di una generazione di persone per le quali l’Europa è divenuta una “matrigna” e non Patria.

Euro forte

Chi scrive suggerisce dunque di ridurre l’enfasi e l’attenzione ai temi di finanza pubblica, alla salute delle banche, ai riferimenti al trattato di Maastricht (che peraltro è immediatamente da riformare e rifirmare), ai meccanismi di tenuta esterna dell’Euro, alla politica monetaria della BCE. Che non ci si fraintenda: questi aspetti sono di importanza apicale e su ognuno di essi, in altra sede abbiamo effettuato analisi, proposte ed altre siamo pronti a formulare, affinché gli equilibri di bilancio non siano colpevolmente allentati da politici improvvidi. Ma si tratta di discussioni tecniche per le quali servono funzionari preparati e seri, nei posti rilevanti. È un po' come quando i tifosi di una squadra di calcio si preoccupano dello stato del bilancio della società ed intervengono con conteggi nella campagna acquisti/cessioni in base a considerazioni finanziarie: non è quello il ruolo del tifoso…Per tali discussioni il forum già esiste  il luogo deputato è’ l’Eurogruppo, cioè il sinedrio dei Ministri delle Finanze dei Paesi membri, che di tutti i comitati europei è, guarda caso,  quello più importante. Così come in BCE si discute tecnicamente di questi aspetti ; sulla necessaria riforma della BCE ci  sarebbe in altra sede spendere qualche parola, in alternativa ad una riforma della Banca d’Italia.  
A noi cui sta a cuore la sopravvivenza dell’Unione Europea, a noi cui piacerebbe vedere l’Europa unita e saldamente in controllo del suo presente e futuro, a noi che crediamo in un Euro forte, espressione di una delle aree economiche e civili più importanti del pianeta, a noi serve vedere un rallentamento del focus sui temi economico-finanziari ed una immediata accelerazione sui dossier sui quali alla fine si dirimerà il suo futuro nel quadro geo-strategico mondiale.