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Manifesto dell'orgoglio europeo

Un documento per i nostri tempi

Svegliati Europa

VINCOLI INTERNAZIONALI PIU' PRESSANTI DI QUELLI EUROPEI

di Giancarlo Ferrara

 

Nella narrazione virtuale di una parte del mondo  cd “sovranista” l’Italia sarebbe dominata e schiacciata dall’Unione Europea e questo avverrebbe dall’entrata in vigore dell’Euro, del Fiscal Compact e in particolare dai vincoli di bilancio alla spesa pubblica che sono uno degli impegni assunti per l’adesione alla moneta unica.
Ora, si dimentica che l’attuale Unione Europea è la risultante di una Unione di Stati Nazionali i cui rappresentanti a Bruxelles approvano le singole misure che poi valgono all’interno degli Stati stessi, compresi i Trattati, come è stato per quello di Maastricht e poi  di Amsterdam.
Non esiste, pertanto, nessuna “cupola “ che impone ai Singoli Stati membri vincoli e direttive che non siano stati da loro condivisi ed accettati nelle sedi competenti. Ciò non vuol dire che non si possano rinegoziare i Trattati, anzi, ma che è la forza politica e diplomatica dei Singoli Stati nazionali a determinare questa possibilità, non altro.

Invece, intendiamo parlare di quei vincoli internazionali tuttora esistenti dal 1945, che non sembrano essere rinegoziabili visto che da 70 anni sono stati supinamente accettati dall’Italia, anche ai tempi della lira e della cd “sovranita’ monetaria”, e che ci vedono in una condizione di inalterata sudditanza verso gli USA.
Forse non sarà più di moda o forse è più comodo rivolgere i propri strali contro l’Europa, ma val la pena far notare che dal 1945 sono in vigore “trattati” segreti con gli USA e non approvati dal Parlamento italiano che vincolano il nostro Paese sotto il profilo politico, militare e di difesa, sui quali i nostri “sovranisti” omettono di fare una singola osservazione di legittimità.
A tutto questo si aggiungono i vincoli, questi approvati dal Parlamento italiano nel 1949, riguardanti l’adesione dell’Italia alla Nato che ci hanno imposto e ci impongono tutt’ora l’ingaggio in guerre perlopiù al servizio degli USA, come avvenuto in Serbia, in Afghanistan, in Iraq e scelte di campo geopolitiche in netto contrasto con i nostri interessi nazionali.
Se poi ci spostiamo sul piano economico non andiamo certo meglio: dal 1992, anno in cui si svolse nel mese di giugno la famosa riunione sullo Yacht Britannia avente ad oggetto “le privatizzazioni in Italia”, ci si dovrebbe accorgere che tutte le privatizzazioni, dallo smantellamento dell’IRI, della Montedison e delle più grandi realtà produttive, hanno visto come advisory nomi della finanza angloamericana come Goldman Sachs e Morgan Stanley, nominati tali dal Ministero del Tesoro italiano, non da Bruxelles.
Ma anche su queste privatizzazioni selvagge che hanno indubbiamente pesato molto sulla competitività del nostro sistema industriale e finanziario, il silenzio dei “sovranisti” è impressionante, come lo è sul futuro smantellamento della Fiat oramai assorbita dalla Chrysler, manco a dirlo, made in USA.

Ma anche la crisi finanziaria ed economica che dal 2008 attanaglia l’Europa e che ha provocato almeno dieci anni di difficoltà di crescita e che ancora oggi pesa sulla competitività europea e sull’occupazione, nasce in USA, dal fallimento della Lehman Brothers e dalla deregolamentazione pressoché totale delle banche americane che hanno rovesciato il peso della crisi sul Vecchio Continente. Ma per i “sovranisti” di casa nostra è tutta colpa dell’Europa e dell’Euro.
Si tratta quindi di strabismo oppure di superficialità politica? Si tratta di cercare facili scorciatoie da presentare all’opinone pubblica o di un calcolato disegno portato avanti da suggeritori interessati?
La risposta è forse drammaticamente semplice: dell’una e dell’altra cosa che messe insieme potrebbero portare ad un cortocircuito di non poco conto dal quale bisognerà trarre i dovuti distinguo e conseguenze.

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